“X-RUN-4 Prismatique” reviewed by Ondarock

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Tedesco ma da tempo trasferito a Lisbona, il violoncellista Ulrich Miztlaff ha un impressionante curriculum di collaborazioni in progetti di ricerca elettroacustica e collettivi di improvvisatori, e di sonorizzazioni di audiovisivi, coreografie e installazioni: “Invisibility Of The Small Perceptions” (2008), “Pedrinez” (2009), “Stretto” (2014). Una di queste, “X-RUN-4 Prismatique” (improvvisata per il Laboratorio Nacional De Engenharia Civil di Lisbona), è stata anche incisa diventando di fatto il suo debutto discografico solista.

È così possibile isolare e tastare con mano il modus (a un tempo isterico e meditato) del violoncellista. L’elettroacustica di “X-One” nasce da fruscii indistinti fino a ergere stecche che esplorano timbri ai limiti del conosciuto, incarnando folk e armonici aborigeni. Altri elementi folkloristici, una sorta di polka russa, emergono nella sonata per soli stridori di “X-Two”. La doppia “RUN-One”, una delle più virtuosistiche, prevede un pizzicato tarantolato e un tremolo indiavolato.

Il cuore è ovviamente “4-One” (venti minuti), con un’altra introduzione concreta di rumore bianco che si sfoga in un repertorio di tecniche quanto più distanti dall’accademia, dagli “assoli” per polpastrelli sfregati sul legno all’archetto “preparato” con le unghie dell’esecutore, facendo risuonare lo strumento come un fiato da camera, strillare come una bestia sgozzata, sibilare come un allarme nucleare. Vi è comunque anche una parte in qualche modo classicheggiante, un cupo informe fugato che degenera via via in scale fradice di armonici e dissonanze.

Registrato in due tranche nel 2014, supportato dall’ingegneria e la coreografia di Paula Freire per la dinamica dell’installazione, una sorta di nuova antologia in negativo dei codici per lo strumento solista. Dal serialismo si passa al puro gestualismo, in un’aura quasi sacrale. Sotto il segno di Anthony Braxton si transita dalle convezioni del free-jazz al livello più primordiale di plasma sonoro. Un filo rosso lo collega alle suite per violoncello di Bach. Michele Saran

via Ondarock