“Hidden Name” reviewed by Basebog

Piccole etichette crescono: la portoghese Cronica, con base a Porto, sfoggia nel suo catalogo il nuovo lavoro del sodalizio tra Stephan Mathieu e Janek Shaefer, una collaborazione navigata da anni di porformance (si ricorda la loro prima a Mutek 2002) e che ora si cristallizza in una produzione elegante e preziosa. ‘Hidden Name’ è stato registrato in una casa di campagna nel sud dell’Inghilterra (forse quella in copertina?), e sfoggia in 12 tracce l’esperienza di due interpreti d’eccezione della sperimentazione elettronica: il primo, Mathieu, di estrazione più colta e storicista, il secondo Shaefer, sorta di gigione della sperimentazione, ricordato per le performance con trenini su piatti multipli.

Rappresentazione quasi impressionistica in suoni, in tutto l’album viene condotto all’inverosimile l’allungamento di linee melodiche all’apparenza confuse, che divengono irriconoscibili per dilatazione. Le frequenze risuonano senza eccessi con la naturalezza di fasci di luce che penetrano lentamente tra oggetti in chiaroscuro. Si dice che la casa dove ‘Hidden Name’ è stato composto fosse appartenuta ad un compositore classico, del quale Mathieu e Shaefer avrebbero recuperato ed utilizzato alcuni vinili. Quasi organistica la traccia che da’ il titolo all’opera, corale e commovente grazie ad un lirismo che non ha nulla di introverso o asettico. Sembra questa, musica suonata, e qui sta forse il suo pregio. Un suono denso e pieno percorre tutto l’album, con l’innesto di rumori bianchi vecchia maniera e campionamenti ambientali soltanto accennati, campane e campanellini, legni, vecchi pianoforti scordati e piedi strascicati. L’ambiente bucolico risuona anche nelle due tracce speciali ‘Cosmos’, dedicata al mondo degli uccelli e la straodinaria ‘The Planets’, sorta di novella breve in 20 minuti, che pare un sogno lucido, o la creazione dell’estro di un bimbo. Memorabile anche ‘Quartet For Flute, Piano And Cello’, colonna sonora di un dormiveglia nella mattina brumosa. Un disco magico e salutare, che riporta l’elettronica in luoghi normalmente distanti ma dove, per vocazione tecnica, in realtà trova una sua collocazione estetica precisa ed appagante per l’ascoltatore.

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