Yorgis Sakellariou ha un curriculum interessante: musicista, artista del suono, accademico. Una figura affascinante. Poi ascolti questo album (uscito per Crónica Records) e ti cadono le braccia. “Ma, Matteo è un album sperimentale!” la mia vocina interna decanta ciò. E la mia risposta, per dirla all’inglese …and these birds!
Ho capito che non si ascolta della sperimentazione come se si ascoltasse Ramazzotti (non ho mai commesso questo errore, di ascoltare Eros, intendo), però “fare sperimentazione” non vuol dire fare qualsiasi peto sonoro che ci passa per la testa.
Quello di Sakellariou non lo è affatto, a essere precisi. Tuttavia, se non fosse per la solita spiegazione che accompagna l’opera, uno non lo apprezzerebbe per niente.
Entriamo nel dettaglio, sono registrazioni sul campo in Grecia e Lituania, ma potrebbero essere delle registrazioni fatte all’Ilva di Taranto o alla Alfa Romeo di Arese. Non farebbe alcuna differenza. Sono rumori di fabbrica, in cui l’artista chiede all’ascoltatore di reimmaginare le registrazioni, create apposta senza ragione.
Yiorgis sostiene che la parte meccanica materialista si trasforma, evolvendosi, in qualcosa di spirituale. Io direi che dobbiamo reimmaginare i suoni, perché suoni ce ne sono ben pochi. In termini tecnici la chiamerei una “parasederata” per non essere volgari. Senza ombra di dubbio, come esibizione susciterebbe molto più interesse, ma non era obbligatorio farci un album. O forse sono un grande ignorante. Come diceva il commendatore Zampetti: N.C.S. Non Ci Siamo. (Matteo Preabianca)
via Music Map