Ran Slavin è un artista multimediale israeliano con già alle spalle un’esperienza ventennale nei campi della musica digitale, delle installazioni sonore, della video art e del cinema sperimentale. Realizza adesso per la portoghese Crónica uno splendido disco nel quale tessiture elettroniche minimali assorbono note di strumenti acustici ed aromi etnici lungo percorsi geografici/immaginifici che dall’India conducono al Maghreb attraversando tutto il Medio-Oriente: le corde vibranti del bulbultarang (“Villageâ€), glitches ribollenti (“Wayward initialâ€), note di ud disciolte in polvere desertica (“Jericho 6AMâ€), opacità e riverberi acquatici (“Shelters and peaceâ€), voci tagliate e inoculate in plumbei suoni frastagliati (“DAT beatsâ€), graffi su sottili membrane in tensione (The silenteâ€), vita di strada e dolci melodie femminili (“kiosk in Furadisâ€), ultimi bagliori d’Oriente (“Hagalilâ€). Senz’alcun dubbio uno dei lavori più interessanti ascoltati in area elettronica da diversi mesi a questa parte.
Guido Gambacorta