“King Glitch” reviewed by Sands

L’islandese Heimir Björgúlfsson e lo svedese Jonas Ohlsson sono due simpatici individui, da tempo radicati nella creazione di sfondi sonori elettronici; Björgúlfsson è impegnato tra l’altro nell’intricato campo delle installazioni audio-visive. Entrambi con fissa dimora nella stravagante Amsterdam fanno confluire in “King Glitch” una serie di registrazioni, precedentemente licenziate per una raccolta della Staalplaat, con altre concepite durante il tour statunitense tra Las Vegas e Los Angeles (giro in parte documentato nella traccia video, posta al termine del cd), da poco lasciato alle spalle. Soliti frequentatori della Bastard Music, un’elettronica zuccherosa, a più riprese dal carattere dance, il riferimento guida del titolo per la predilezione in pratiche di ‘taglia e cuci’, condite da una scarica di disturbi e/o errori glitch, fa in modo da rimanere lo spettro protagonista di tutto il disco. Niente di particolarmente esplosivo all’orizzonte, la consuetudine di certi ritmi si lascia trapassare dalla investigata perizia con cui i due sobbalzano da un lido all’altro, evocando scintille che brillano di p-o-p glitch singolare, buzz-noise, soft techno dalle curve cristalline e sognanti, elettronica easy…

Come ben si nota dai primi accenni di Bridge over river Glitch e Elephantitus of the armpit, con le proprie cavità invase da liquido minimale. I battiti ondulati dal taglio space-funky di Bring him up to now preludono le passeggiate notturne per un piano campionato in Spelled thru (USA… USA… style), sfaccettature temporali sbilenche di una voce femminile con Midget in my car introducono un clima più introverso e sperimentale nel passaggio di The ones who hurt are the ones who surfer. Handclaps of fury è un bricolage di suoni che pulsano nell’oscurità con movenze cibernetiche, dissolti dall’improvvisa caduta dentro un’atmosfera radente, popolata da voci sottili in combutta tra loro. Con Missing God & Mister Mysterious il corpo riavvia a muoversi freneticamente: merito del groove provocatorio incessante dall’inizio alla fine. In Tables laid out to desert food si ripiomba dentro rumori smussati dal silenzio. Da ricordare i vari contributi vocali offerti da Gunnhildur Hauksdóttir, B.J.Nilsen, Magnus Monfeldt e Young Spanks che del suo canto ‘ossuto’ di Bluescreen of DEATH by Jill Magid ne arricchisce il mood avant hip hop.

Continui up and down della tensione, questa la ricetta preferita dai due ‘enfants prodige’ dell’elettro-glitch europea dell’ultim’ora, da assaporare insieme al tatto armonico di un Alexander Peterhansel con cui la stessa label ha licenziato, sotto il moniker di Tilia, un full legnht entusiasmante (ampiamente lodato in questa sede, pochi ‘lustri’ fa).

Musica rilassante adatta per scacciare dai proprio pensieri le tensioni e le piccole delusioni riservate dallo scorrere quotidiano. Una buona via per dimostrare che la musica sperimentale può passare anche per strade traverse, cosiddette, pop e non presentarsi sempre come qualcosa di estremamente laborioso. Bene per la Crónica che sembra aver fatto tesoro di tutto ciò.

Sergio Eletto

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