Verso la fine dello scorso anno, Attilio Novellino e Saverio Rosi (Sentimental Machines) hanno pubblicato il frutto di una serie di improvvisazioni condotte insieme a Rob Mazurek e Tim Barnes. Le due lunghe tracce delle quali si componeva quel lavoro, “Objects In Mirror Are Closer Than They Appearâ€, avevano avuto come teatro un luogo di archeologia industriale della loro terra, la Calabria, trasformato in museo e protagonista del peculiare soundscaping dell’opera, con la sua atmosfera e i suoi rumori, al pari di fiati, percussioni e frammenti elettronici minimali.
Quel luogo era il A, al quale è integralmente dedicata la nuova opera dei due artisti calabresi. Non si tratta di una mera suggestione, poiché in “Lanificio Leo†i luoghi letteralmente “parlanoâ€, attraverso il rumore delle macchine, le risonanze e le irregolarità da esse generate, che per natura contraddicono il crisma ambientale della ripetizione.
Il lavoro si articola in sette brevi frammenti, semplicemente prodotti da ingranaggi, che spostano in maniera decisiva il significato stesso di “macchina†da quello più comune legato all’elettronica a fonti di suono tra le più disparate. il solo brano finali, i cui oltre diciotto minuti collimano con la durata totale dei frammenti, provvede a riarticolarli, filtrandoli e trasformandoli in qualcosa di meno materiale, di meno riconoscibile. Eppure, è proprio come se Novellino e Rosi avessero voluto dar luogo a un gioco di specchi, nel quale il suono “lavorato†rivela anche la propria componente più grezza e disadorna, eppure autosufficiente a dimostrare, in maniera niente affatto agevole ma a suo modo geniale, l’attuale labilità del confine tra suono e rumore, tra musica e non-musica.