“Essays on Radio” reviewed by Sands Zine

L’etichetta portoghese (o la media label) Crònica, per festeggiare il suo secondo anno di attività, ha deciso di realizzare una doppia uscita in CD e DVD di materiale attinente al medium radiofonico: il media elettronico più antico e nonostante questo ancora presente nella nostra vita di tutti i giorni e ben vivo nel nostro immaginario collettivo. Un mezzo di comunicazione saturo e caldo da un punto di vista istituzionale (cfr. Mcluhan) e spazio letterario stando ai termini di Maurice Blanchot. Uno spazio frammentato ed allo stesso tempo omogeneo come un albero alimentato da radici differenti, spazio inteso come estensione del nostro corpo, spazio letterario (e metaforico) dove ha origine e si manifesta una comunicazione nomade.

Da un punto di vista sonoro la radio rappresenta il primo strumento dal quale una grande massa di persone ha potuto ascoltare il rumore bianco ed ha potuto intervenire nello spazio giocando con la casualità, cioè la gente con la radio poteva (e può tuttora ovviamente) programmarsi e decidere di ascoltare quello che voleva sebbene rimanendo nell’aura dell’imprevedibilità, della mancanza di controllo e, in una parola, dell’indeterminazione.

Come strumento prettamente musicale la radio vede affermare le sue potenzialità in pezzi come Imaginary Landscape #4 di John Cage del 1951, oppure venne usata da Cornelus Cardew e Keith Rowe nel gruppo di improvvisazione radicale AMM negli anni Sessanta. Da un punto di vista musicale la radio dunque è stata la responsabile primaria di una presa di coscienza collettiva del suono prima di tutto perché è stata uno dei primi mezzi di comunicazione di massa, poi è stata fruita come strumento per ‘liberare il suono’, cioè è stata utilizzata (e tuttora viene utilizzata) come strumento prettamente musicale tipo chitarra o sintetizzatore.

Aprendo l’essenziale booklet del CD si capisce da subito che l’intenzione dichiarata dal curatore della compilazione Miguel Carvalhais, membro degli @c, è quella di osservare e commentare il medium sonoro, la tecnologia e la cultura della radio.

In termini forse più pratici e lineari il disco è un validissimo documento per festeggiare la radio, e per festeggiare la creatività dell’espressione sonora. I nomi coinvolti sono parecchi, molti noti agli appassionati di elettronica eo elettroacustica (John Hudak, Pimmon, Pita, Stephan Mathieu ..), più altri a me sconosciuti ma che hanno catturato subito il mio interesse.

I pezzi durano tutti due minuti, così vuole Carvalhais che forse non chiede ai musicisti solo di celebrare il compleanno dell’etichetta ma anche di offrire la vera essenza del loro operato. La radio viene decodificata, ricodificata e processata dagli artisti coinvolti. In altri termini le onde elettromagnetiche vengono modulate e vivisezionate e rese composizioni. Vengono suonati anche vecchi vinili di programmi radiofonici, manipolati vari field recordings e giocato con le voci, oltre che con le frequenze nebulose.

Le tracce passano da densi paesaggi neo-ambient a concretismi e beat micro-elettronici (per rendere l’idea diciamo) provenienti da terre sconosciute(per confondere le idee). C’è anche qualche tentativo di rielaborare voci e narrazioni, stralci di memoria, magari tentativi di mettere in discussione il presente, ma questa è un’altra storia. La forza del cd risiede nella vitalità espressiva delle composizioni.

Le tracce infatti sono quasi tutte molto intense, ad un primo ascolto molto simili fra se, ma che vivono di luce propria se le si riascolta una seconda volta con attenzione. Non sto qui a sezionare pezzo per pezzo la dinamica dei suoni. Il tutto risulta ‘coerente’ e appare ben studiato nei minimi dettagli. Ci sono pezzi musicali ed altri a-musicali e astratti. La voglia è quella di invitarvi perlomeno all’ascolto di questa raccolta e lo scopo è quello di invitarvi a giocare anche voi con la radio per costruire la vostra composizione.

Alessandro Calbucci

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