“v3” reviewed by Radio Italia Network

“V3” è il terzo album di @C che si focalizza, ancora, su uno stile assai sofisticato mai preso in seria considerazione qui in Italia se non da etichette underground quali Betulla, Idroscalo e, talvolta, Final Frontier.

‘Ambient’ è la password d’accesso per @C, il musicista portoghese che raccoglie in “V3” tre recenti performances tenute presso l’EME Festival (il 5 ottobre in Portogallo) l’Atlantic Waves Festival (il 27 novembre) e l’Ultrasound Festival (il 28 novembre), entrambi a Londra. Il sound si fa abstract, iper-minimale, capace di catturare le immagini del subconscio dell’ascoltatore tramutandole in pixel musicali dalle forme geometricamente perfette. Nove le tracce presenti, tutte prive di titoli per non indurre chi ascolta all’immaginazione di un oggetto predefinito (ricalcando le teorie dei suprematisti russi guidati da Kazimir Malevic che lasciavano le loro opere senza nome). Curata nei dettagli anche la confezione che include un booklet capace di mettere in evidenza l’intellettualismo che pervade ogni releases della Cronica.

Giosué Impellizzeri

“Two Novels: Gaze / In the Cochlea” reviewed by Etherreal

Keiko Uenishi, puisque c’est son nom, vit et travaille à New-York où elle crée des installations sonores et collabore avec la fine fleur des laptopeurs expérimentaux (Ikue Mori, Kaffe Matthews, etc…). Une asiatique vivant à New-York donc, et qui sort ici sont premier album sur le label Portugais Crónica. Pour couronner le tout, elle créé son site internet en Autriche, rien que pour s’amuser de l’extension “.at” puisque l’adresse de son site internet est http://obla.at. Vu la musique que celle-ci produit, que l’on pourrait rapprocher des Autrichiens de Mego, la supercherie est presque parfaite.

Comme le titre de l’album le laisse entendre, celui-ci est composé de 2 pièces, elles-mêmes divisées en 9 pistes. On distinguera logiquement celles-ci tant le ton et la forme diffèrent. Gaze est la pièce la plus facile d’accès, quoiqu’alternant expérimentations difficiles et flirts avec d’autres genres connus, plus faciles à appréhender donc. Mais sur Gaze, Keiko Uenishi n’est pas tout à fait seule puisque l’on y trouve de nombreuses collaborations avec Kaffe Matthews, DJ Olive, Aki Onda, ou encore Ikue Mori pour ne citer que les plus connus. Au fil des 36 minutes que dure cette pièce, on passe du coq à l’âne, et c’est cette alternance de styles qui contribue à une certaine richesse, et une impression de vie fourmillante, à l’image des deux premiers morceaux. On a régulièrement l’impression d’entendre des bruits d’animaux, piaillements, bruits de basse-cours, qui s’organisent petit à petit avec des bruitages électroniques ou notes acoustiques, évoquant tour à tour la musique concrète des années 70, une musique classique contemporaine avec des voix haut perchées, des cordes ou un piano lointain, ou encore de l’impro électro-acoustique minimale sur Froid qui clôture cette première partie plutôt enthousiasmante.

Fabrice Allard

“v3” reviewed by Liability

L’exercice de l’improvisation est certes périlleux mais peut se révéler très enthousiasmant. Force est de constater que @C s’en tire avec les honneurs. A la limite ce disque se trouve être plus accessible qu’il n’y paraît. L’impro à ce côté complexe qui rebute parfois mais ici cela reste assez ouvert malgré quelques morceaux assez expérimentaux. Certains titres se révèle même être assez « dansant ».

Quoiqu’il en soit « V3 » est un album intéressant à tout point de vue car il laisse libre court à presque toutes les fantaisies et ne reste pas cloisonné. Après des débuts un peu difficiles et froids avec les trois premiers morceaux (ce qui n’enlève en rien à leur réelle beauté) l’atmosphère se réchauffe avec l’enthousiasmant et très progressif « 21 ». Un techno minimale dont on avait presque oublié l’existence et qui nous fait rappeler la période « Kulma » de Pan(a)sonic ou même d’un Plastikman façon « Consumed ». Le reste étant un pur régal pour des oreilles délicates et à l’affût de sonorités élaborées. Alors bien sur ce n’est pas le genre qui feraient s’éclater une foule sur un dance floor mais on peut aisément tomber amoureux de ce disque aux qualités nombreuses.

Fabien

“v3” reviewed by Neural

La decima uscita dell’etichetta portoghese Crónica sembra chiudere una prima fase dell’eccellente percorso produttivo intrapreso. Fin dal primo Hard Disk, infatti, lo spirito di sperimentazione con i parametri del prodotto discografico è stato tenuto sempre vivo. Il lavoro di selezione della label, pur partendo da glitch e minimalismi, ha privilegiato la messa in discussione della composizione di default del prodotto discografico che ruota intorno ad un elenco di tracce, interagendo con ultrasuoni, combinando due autori (split) su un singolo compact e soprattutto trattando la parte visuale con il peso che le compete, sia da un punto di vista statico (designer ospiti per le grafiche), che da un punto di vista dinamico con video e tracce interagibili accluse. Una cura mantenuta intatta nel tempo che consacra questi lavori alla loro indiscutibile contemporaneità. Anche in questo ‘v3’ si avvertono importanti segni di transizione, in cui la presenza organica di voci e l’eco di frammenti della realtà s’insinua fra le presenze elettroniche. Un’alchimia composita, fatta di suite tutte collegate fra loro in un’unica fluida narrazione in cui le schegge di suoni digitali si mischiano indistintamente con campioni e registrazioni d’ambiente. Una tecnica che si riflette pure nella dualità delle illustrazioni del booklet, che integrano il tratto ad inchiosto illustrativo dei disegni con oggetti, citazioni e concetti dell’interazione uomo-macchina. Una scelta di commistione di linguaggi che testimonia una fondamentale ad andare oltre i dogmi di genere e a sporcarsi con suggestioni diverse. La traccia in Shockwave, infine, che consente di dosare visivamente, e di conseguenza in maniera sonora, le gradazioni di due diversi algoritmi, fa emergere limpidamente la sensibilità femminile di Lia, presente nella liquidità delle simmetrie e degli accostamenti cromatici.

“v3” reviewed by Sands

È trascorso circa un mese da quando, in questo stesso spazio, lodavamo la vitalità dei musicisti e delle etichette portoghesi. Proporre nuovamente come disco top, a così breve distanza di tempo, un altro frutto proveniente dall’estrema propaggine atlantica del continente rappresenta la conferma di un entusiasmo tutt’altro che passeggero.

Volendo iniziare con qualche osservazione generale, sembra che la Crónica di Porto stia pian piano sorpassando la Sirr di Lisbona, con un programma affatto simile, in un ipotetico ruolo di etichetta guida, anche se va detto che non esiste una vera rivalità fra i diversi marchi, e fra i vari musicisti, quanto piuttosto uno spirito di collaborazione. Lo dimostrano la firma di Paulo Raposo, uno dei boss della Sirr, su una delle precedenti uscite Crónica e la presenza di Manuel Mota in questa nuova realizzazione. Si tratta di una situazione da seguire con interesse laddove, ad esempio dalle nostre parti, continuano a prevalere gli interessi di bottega – vorrei sbagliarmi, ma, purtroppo, mi sembra che sia così – su quelli generali, ma veniamo tosto al ‘gruppo’ e al disco in questione.

@c, il cui “Hard Disk” è stato il primo titolo pubblicato dalla Crónica, è un duo formato da Pedro Tutela e Miguel Carvalhais, entrambi coinvolti nell’etichetta anche sotto l’aspetto gestionale. Spesso la scarna formula è allargata da altre presenze, quali possono essere Pedro Almeida, che per un certo periodo ha fatto parte in pianta stabile del gruppo, o l’artista visuale viennese Lia. Alla fine del 2003, in occasione di alcune performance determinanti nella fattura di questo CD, sono intervenute altre collaborazioni. Le date sono quelle del 5 Ottobre a Palamela (EME festival), del 27 Novembre a Londra (Atlantic Waves festival) e del 28 Novembre a Huddersfield (Ultrasound festival), e i musicisti aggiuntisi nelle tre occasioni sono, rispettivamente, Manuel Mota e João Hora, Andy Gangadeen e Vitor Joaquim. Le registrazioni provenienti da questi tre concerti, rielaborate dal duo, rappresentano la materia prima che va a costituire “v3”. Questi, però, non può essere considerato un disco live, dal momento che la ricostruzione, gli incastri e il montaggio, non sequenziale, effettuati dal duo in studio sono fattori altrettanto influenti sulla qualità del risultato finale.

Sono i cluster ferruginosi di Manuel Mota a rendere tipico il primo brano di un disco che, per il resto, è mal definibile, o mal riconducibile ad un genere musicale specifico. Su una intelaiatura di base, che possiamo genericamente bollare come elettronica, si innestano germi che possono essere liberati da un’estetica free come da nozioni di ripetitività. Fra pulsazioni di mucose techno e filamenti di ragnatele jazzy, emerge, si libra direi, lo splendido 3° brano dove, su un tessuto ritmico che fa pensare a un tappeto di tablas o di percussioni suonate a mano nuda, le voci manipolate suonano come una citazione del wyattiano “The End Of An Ear” (ma va’ un po’ a sapere se conoscono quel disco).

Bella è la qualità sonora e notevole la strutturazione, e come risultante c’è un gioco di ‘colori’ vibrante e teso, al cui interno i cambi di direzione arrivano puntualmente al momento giusto, che riesce sempre a tenere sveglia l’attenzione. Perfino ruffiani, ma non in modo spudorato, i due @c riescono a farmi digerire anche cose che non ho mai digerito.

“v3” reviewed by Vital

All of these pieces were recorded in concerts in Palmela, London and Huddersfield and see them performing their improvised music played on laptops being extended by some guest players such as drummer Andy Gangadeen, guitarist Manual Mota, Joao Hora and Vitor Joaquim. On paper it might sound like an odd combination, guitar improvisations with laptop doodlings, but most the time it works quite alright.

FdW

“v3” reviewed by Blitz

(…) à terceira faixa chega-se ao terrreno que s @c melhor dominam, o da disseminação de elementos rítmicos, onde a incisão é mais notória. A partir de então entra-se nos eixos, a trote de aço, com samples ocasionais a fazerem as vezes de estações. Não adianta procurar janelas porque a devolução é certa, as paisagens aqui são de neblina e neritude. Os @c não são, como se diz dos Kraftwerk, os beatles da electrónica — são o próprio pulsar da electrónica, no que de vital isso possa significar. É a distância que separa o sonho da neurotransmissão. 7/10

Sérgio Gomes da Costa

“Product 02” reviewed by Paris Transatlantic

The disc contains two works, “Tropical Agent”, a nine-movement composition, and “Ears In Water”, separated by thirty seconds of “Product Silence”. There’s something smooth and seductive about Slavin’s work, which manages obliquely to reference ambient techno – the terraced mix, the nearly regular click backbeat, the lush string carpet (check out “Search for Compassion”) – without ever jumping across the fence into em:t territory. His samples are exquisitely selected and skilfully combined (I especially like the snatch of the Brahms Violin Concerto that drifts in and out of “Silent Siren”) and it’s all as sleek, streamlined and suggestive as the accompanying photography by Jewboy Co.

DW

“Further Consequences of Reinterpretation” reviewed by Vital

To describe what led to this CD is not an easy task. It started with the artist *0 (Nosei Sakata) who invited a bunch of people to remix his CD ‘O.000’ (which delt in many ways with silence, or at least sounds outside the hearing range) and among them was Marc Behrens.

After the results were released, Marc Behrens continued to recycle the results of others and here is where Paulo Raposo comes in. This Portugese composer is mostly known as the owner of that other fine Portugese label, Sirr-ecords. The result is a CD with no less than twenty-one tracks, which however seem to be mostly one piece with various index points. The silent *0 CD is being scanned by using the fast word button of the CD player and the actual sounds it produces is just throughout this CD as source material. Needles to say that this is a very ‘microsounding’ work: it glitches in many ways, plug ins are applied, the dynamic range is kept wide – ranging from soft to loud and makes this into quite an enjoyable CD. Completed with a conceptual cover design I was very much reminded of P16.D4: extensive recycling of similar sounds and images, from a previous, finished project moving to the next one. A fine but somewaht neglected tradition. It’s good to see people doing that again.

Franz de Waard

“Product 02” reviewed by Rui Eduardo Paes

Melhor sucesso tem o «Product» que reúne duas facetas bem distintas de um mesmo músico, Ran Slavin, tratadas, devido até à natureza da colecção, como se de dois criadores se tratasse. Se o Slavin da primeira metade, «Tropical Dance», passa por um conceito do “sampling” devedor das manipulações bem-humoradas e joviais de Carl Stone, o Slavin da segunda, «Ears in Water», tem mais a ver com a inquietante postura de uns Nurse With Wound.

Rui Eduardo Paes